Posts Tagged ‘libri’

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Luciano Bianciardi, La vita agra

Harold Bloom, Come si legge un libro e perché

Alessandro Piperno, Inseparabili

Mario Rigoni Stern, Le vite dell’Altipiano. Racconti di uomini, boschi e animali

Mariapia Veladiano, La vita accanto

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Thomas Bernhard, I mangia a poco

Giovanni Cocco, La caduta

Georg Groddeck, Il libro dell’Es

Valerio Magrelli, Geologia di un padre

Paolo Nori, La meravigliosa utilità del filo a piombo

Philip Roth, I fatti. Autobiografia di un romanziere

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Mia cara amica, Lei non è contenta: dice che la mia lettera è troppo personale, mentre Lei mi vorrebbe oggettivo; credevo di esserlo stato! Continua a leggere »

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Thomas Bernhard, Goethe muore

Tommaso Landolfi, La pietra lunare

Francesca Melandri, Più alto del mare

Paolo Nori, Diavoli

Paolo Nori, Mi compro una Gilera

Paolo Nori, Siam poi gente delicata. Bologna Parma, novanta chilometri

Daniel Pennac, Storia di un corpo

Robert Walser, Ritratti di pittori

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Libri e prostitute. Entrambi
si possono portare a letto.

[Walter Benjamin]

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Lotus Flower

17 dicembre

Dall’inizio di marzo e ancora adesso a dicembre – come se fosse un’immagine-polmone, un modo per rifiatare – continuo a guardare il video di Lotus Flower dei Radiohead, Thom Yorke in bianco e nero come un Charlie Chaplin contemporaneo che ha perso la giacca ma ha conservato la bombetta, una marionetta mobile e snodabile, sciamanica, instabile, un occhio aperto e uno chiuso, il corpo ebefrenico e poi di colpo inerte, groggy e minerale, una statuetta animata con la barba di una settimana e le braccia che brancolano ritagliando lo spazio e reinventandolo, rendendolo vitale.

Thom Yorke, penso caricando per l’ennesima volta consecutiva il video su YouTube, è molto più di un compositore-cantante: è il ricordo vivente di una selvatichezza che resta nonostante tutto smaniosa di esistere, patologia organica che si è fatta coreografia, un’iguana sottile che scorre dentro la vita rettile, il geroglifico di un corpo umano immerso nel post-umano: uno Charlot in rivolta, senza monello e senza un sentiero che si perde all’orizzonte da poter percorrere mano nella mano con Paulette Goddard, non c’è il sentiero, non c’è il finale e non c’è neanche il film, dunque a Charlot tocca stare da solo in uno spazio nero, sullo sfondo i frammenti di un hangar, non si capisce se una struttura industriale dismessa o il dietro le quinte di un teatro di lamiera, nei versi della canzone – I will shrink and I will disappear | I will slip into the groove and cut me off – un desiderio di scomparsa.

L’umano ai tempi dei Radiohead è un astronauta in maniche di camicia bianca sospeso nel nero siderale dell’amore che scompare.

[Giorgio Vasta, in Bajani, Murgia, Nori, Vasta, Presente, Torino, Einaudi, 2012, pp. 272-273]

Più di due anni fa scrissi un post (qui) sull’incredibile storia capitata a uno dei miei scrittori preferiti. Continua a leggere »

Nel romanzo, la moderna epopea borghese, […] ricompare da un lato la ricchezza e la multilateralità degli interessi, delle condizioni, dei caratteri, dei rapporti di vita, il vasto sfondo di un mondo totale ed insieme la manifestazione epica di avvenimenti. Quel che manca è però la condizione del mondo originariamente poetica da cui si origina l’epos vero e proprio. Continua a leggere »

Quattro volte sì

…e i poveri ciuchini che inciampavano mezzi addormentati e gli uomini avvolti nei loro mantelli addormentati all’ombra sugli scalini e le grandi ruote dei carri dei tori e il vecchio castello vecchio di mill’anni sì e quei bei Mori tutti in bianco e turbanti come re che ti chiedevano di metterti a sedere in quei loro buchi di botteghe e Ronda con le vechcie finestre delle posadas 2 fulgidi occhi celava l’inferriata perché il suo amante baciasse le sbarre e le gragotte mezzo aperte la notte e le nacchere e la notte che perdemmo il battello ad Algesiras il sereno che faceva il suo giro con la lampada e Oh quel pauroso torrente laggiù in fondo Oh e il mare qualche volta cremisi come il fuoco e gli splendidi tramonti e i fichi nei giardini dell’Almeda sì e tutte quelle stradine curiose e le case rosa e azzurre e gialle e i roseti e i gelsomini e i gerani e i cactus e Gibilterra da ragazza dov’ero un Fior di montagna sì  quando mi misi la rosa nei capelli come facevano le ragazze andaluse o ne porterò una rossa sì e come mi baciò sotto il muro moresco e io pensavo be’ lui ne vale un altro e poi gli chiesi con gli occhi di chiedere ancora sì e allora mi chiese se io volevo sì dire di sì mio fior di montagna e per prima cosa gli misi le braccia intorno sì  e me lo tirai addosso in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato il suo cuore batteva come impazzito e dissi voglio .

[James Joyce, Ulisse, traduzione di Giulio de Angelis, Milano, Mondadori, 1988, p. 741]

NOTA DEL REDATTORE

No, questo è troppo! Anche la prefazione soppressa dall’autore è stata invece stampata! Continua a leggere »