Quoting strategy
Theodor W. Adorno, nel suo Profilo di Walter Benjamin (in Prismi, Einaudi, Torino, 1972, pp. 233-247), scrive:
L’aforisma dell’Einbahnstrasse secondo cui le citazioni dei suoi lavori sono come predoni appostati lungo la strada, che balzano fuori a spogliare il lettore delle sue convinzioni, egli lo concepiva alla lettera. A coronamento del suo antisoggettivismo, la sua opera fondamentale non avrebbe dovuto consistere che di citazioni
Altra citazione, allora. Diana Napoli, qui:
La Arendt nel suo saggio si dilunga molto sul Benjamin collezionista e sulla sua aspirazione a comporre un’opera fatta solo di citazioni che, opportunamente poste, si illuminassero vicendevolmente e, per certi versi, queste tesi, ognuna così ricca di significati e di rimandi, sono un abbozzo di questa aspirazione poiché esse si spiegano l’un l’altra in maniera tale da rendere superfluo, o per contro, un po’ paradossalmente, oscuro e ingarbugliato se tenta di farsi sistematico, il commento
Tutto chiaro, no?
Esiste anche una legislazione precisa, sulle citazioni. Cito dalla voce di Wikipedia sul “Diritto di corta citazione“:
Il diritto di corta citazione s’analizza come un’eccezione al diritto d’autore. Quest’ultimo concede all’autore ogni forma di controllo sulla diffusione delle sue opere. In un certo numero di circostanze, un autore non può opporsi alla pubblicazione di un estratto della propria opera.
Il diritto di citazione assume connotazioni diverse a seconda delle legislazioni nazionali.
Com’è la questione in Italia? Eccola:
L’art. 70, Legge 22 aprile 1941 n. 633 (recante norme sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) dispone che il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti d’opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscono concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera.
Con il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003 è stata introdotta l’espressione di comunicazione al pubblico, per cui il diritto non è esercitabile solo per i vecchi mass media, ma anche per i nuovi come da ultimo il web.
Con la nuova formulazione c’è una più netta distinzione tra le ipotesi in cui “il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera” viene effettuata per uso di critica o di discussione” e quando avviene per finalità didattiche o scientifiche: se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.
Tutto chiaro, anche dal punto di vista legale.
Come avviene il dialogo, la discussione (anche accesa) tra persone civili? Citando le parole dell’altro, analizzandole, attaccandole, approvandole, etc. Ed è un po’ quello che si fa in rete, nei blog: si dialoga, anche a distanza, ci si scontra, si attaccano le idee. Che sono espresse in parole, che, appunto, vanno citate. Sennò si finisce per attaccare o approvare un fantasma, o, peggio, una persona.
Se qualcuno apre un blog e non accetta che avvenga nessun commento sulle sue parole, nessuna discussione, etc.: vi sembra che abbia uno scopo l’esistenza di quel blog?
ottobre 16, 2009 at 9:30 am
Mannaggia. Per un istante, a vedere questo post aperto da Theodor W. Adorno su Benjamin mi è venuto da pensare potesse trattarsi di una cosa seria 😉
ottobre 16, 2009 at 9:48 am
Mi sembra che il gestore (bella parola, eh?) http://www.sentierinterrotti.wordpress.com, applicando la censura preventiva, non possa ergersi a maestro di niente. Quanto ad Adorno, mi viene la pella d’oca pensando a come venga citato e per quali scopi.
ottobre 16, 2009 at 9:49 am
Se qualcuno apre un blog e non accetta che avvenga nessun commento sulle sue parole, nessuna discussione, etc.: vi sembra che abbia uno scopo l’esistenza di quel blog?
Vallo a dire al tuo amico
PS Ho deciso di raccogliere i commenti che non mi pubblica la cettina e di pubblicarli qui da te
ottobre 16, 2009 at 9:56 am
Leggo http://www.sentierinterrotti.wordpress.com e m’illumino d’incenso. QUello del turibolo seminariale dove era Gianni Rodari. Che vedo mentre legge, appassionato, le opere di Stalin, si iscrive al Partito Fascista, poi al Partito Comunista, dopo essere stato anche nell’Azione Cattolica. Lo vedo, assieme al fumo dell,’incenso, volare a Mosca, negli anni 50. Ah che tempi. E la rivista Il Pioniere, che anni di splendido realismo. E l’Unità e Paese Sera. Ah, la libertà ed il feroce dittatore. Ed i blogger che non ti fanno parlare
ottobre 18, 2009 at 12:34 pm
Il commento su Rodari di Superciuk è rappresentativo della volgarità in voga: uno che non sarebbe nemmeno degno di soffiare il naso a un altro, lo attacca però sulla sua biografia “politica”. Pietoso.