Difendiamo l’italiano dai difensori dell’italianità

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Questa volta il titolo PdL=Partito dei Linguisti non lo posso fare. Anche se, a dire il vero, stando al blog personale di Mauro Minniti, pare che faccia ancora parte del PdL (ci tengono proprio a una seria comunicazione online, questi politici!). Però Mauro Minniti è da sempre un esponente di punta dei partiti (visti i cambi di nome, bisogna usare il plurale) che a Bolzano dicono di difendere l’italianità. E sono spesso proprio loro, ahiloro!, a cadere sulla lingua italiana.

Ho appena letto un breve comunicato di Minniti in risposta a un altro difensore dell’italianità, Urzì. E inorridisco nel vedere come è maltrattata la nostra bella lingua: una serie di frasi un po’ sgangherate, scritte in quella che Italo Calvino, in un noto saggio degli anni Sessanta, ha definito “antilingua” (lo si può leggere nella raccolta Una pietra sopra). E almeno tre svarioni, tre errori gravissimi. Ecco il testo:

la lista unitaria da egli proposta, infatti, è solo il suo viatico personale alla rielezione, nascosto da una supposta volontà unificante. Senza i voti di Seppi (che pare non intenda ricandidare peraltro), e di Vezzali, con la sola sua listarella Urzì non tornerebbe in consiglio provinciale, poichè appare matematicamente molto più difficile la eventuale rielezione andando da soli, un percorso che per coerenza e correttezza ha deciso invece di fare La Destra che ha respinto non solo le pregiudiziali ma anche gli opportunismi altrui e gli interessi personalissimi di Urzì

[ fonte qui ]

Ed ecco gli errori:

1. da egli: il pronome personale “egli” si può usare solo come soggetto, non certo nei complementi indiretti (quelli, per intenderci, introdotti da preposizioni);

2. viatico: questa è la definizione del Dizionario Sabatini-Coletti:

viatico

Ha senso dire che qualcosa “è il viatico alla elezione”? E che poi questo viatico sia “nascosto da una volontà unificante”? Mah…

3. che pare non intenda ricandidare peraltro: e qui siamo a un malvezzo molto diffuso, chissà perché, a tutti i livelli: l’uso del verbo “candidare”, che è transitivo (esempio: Il partito ha deciso di candidare mio fratello), come verbo riflessivo (e invece occorre dire “candidarsi”: che pare non intenda ricandidarsi).

C’è poi una quantità di virgole che andrebbero proprio messe (ad esempio, nella frase riportata al n. 3, prima di “peraltro).

Ma anche un accento sbagliato su “poiché”: ma qui siamo agli errori perdonabili a chiunque. Meno gli altri; e soprattutto non a chi si proclama politicamente “paladino dell’italianità”.


  1. Eh, quando un post di questo blog addormentato raggiunge in un botto certi numeri, capisco subito che qualcuno di molto popolare mi ha linkato su Facebook. Grazie.
    A proposito di difensori dell’italianità, una fotografia eloquente dal blog Salto.bz:
    http://www.salto.bz/it/article/08062013/nemmeno-nella-sintassi




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